E’ una grande novità: forse, ai margini del vecchio, autoreferenziale, pensiero di Vincenzo De Luca, in Campania sta sorgendo qualcosa di veramente nuovo ed importante.
Oggetto dell’aspra polemica, che da queste parti si protrae ormai da mesi, il fermo contrasto alla nuova legge approvata l’altro giorno in Consiglio regionale.
Adottata in fretta e furia dalla Giunta, nel mese di giugno, senza ascolto e senza consultazioni preventive, qualche giorno fa è stata approvata a maggioranza dal Consiglio dopo un ulteriore, immotivato diniego del Presidente della IV Commissione, all’ennesima reiterata richiesta delle Associazioni di rallentare l’iter di approvazione per insediare, vista l’importanza, la complessità e l’urgenza delle questioni trattate, un serio e agile Tavolo di confronto e collaborazione con la società civile.
Una richiesta negata sempre da De Luca, senza alcuna spiegazione. Eppure si trattava di una Legge che ha trasformato in modo sostanziale la precedente norma di Governo del territorio, la n. 16 del 2004, con l’obbiettivo dichiarato, ma poi di fatto non perseguito nel testo, di limitare il consumo di suolo per contribuire ad affrontare i cambiamenti climatici incombenti e le loro conseguenze.
I loro contenuti rispondono, alla vecchia maniera, più ai desiderata dei grandi costruttori edili campani e nazionali - affiancati da una parte del mondo accademico - che non alla urgente necessità di fornire le risposte concrete che tutti attendono per affrontare i serissimi mutamenti intervenuti progressivamente nell’ultimo trentennio nelle dinamiche geoclimatiche, sociali ed economiche.
Il rischio ulteriore é che questa legge neo-liberista, elettorale, di parte, approvata ieri nientedimeno che in trenta lunghi minuti di discussione, possa contaminare nei prossimi mesi anche altre regioni, non solo del sud.
Ma il fronte del dissenso in questa vicenda è molto più esteso e articolato: sono fermamente contro anche la CNA costruzioni, la Lega Coop, la CIA, la Confagricoltura, la CGIL Campania e le sue componenti FILLEA, SPI, SUNIA e Nuove Rigenerazioni.
Non ultimi gli studenti dell’UDU il cui diritto costituzionale allo studio e alla casa è intaccato pesantemente dai processi di gentrificazione in corso, innescati dal forte rilancio turistico della metropoli partenopea e sempre più soggetti a gravi fenomeni di espulsione progressiva da un centro storico riconosciuto dall’UNESCO nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità proprio per la sua permanente, unica, millenaria, preziosa commistione tra storia, architettura, tradizioni e presenza sociale, popolare e universitaria.
Purtroppo, è opinione di tanti che la Legge Discepolo inciderà in modo fortemente negativo sul territorio, sulle comunità, sull'economia, sul futuro di Napoli e delle città campane. Insomma, si tratta di una cosa seria.
Un esempio concreto: sarà molto più difficile perseguire il recupero e la rigenerazione territoriale, urbana, socio-economica e culturale e di quei preziosi centri urbani della congestionata e squalificata cintura metropolitana a nord e ad est della città, già fortemente offesi dall’urbanizzazione incontrollata e indiscriminata dei decenni scorsi e ora particolarmente esposti perché saldati in una enorme conurbazione senza soluzione di continuità e quasi senza più identità e memoria. Mi riferisco, più precisamente, agli ex casali ottocenteschi ad alta specializzazione agricola e manifatturiera della capitale borbonica, nei quali il poco suolo ancora permeabile, (Casavatore ha il 92% di aree impermeabilizzate) intercluso tra vaste aree edificate uscite miracolosamente indenni dallo scriteriato assalto edilizio della fine del secolo, rischia ora di essere oggetto di interventi diretti, invasivi, scoordinati, senza un Piano nè un progetto urbano. Quale idea di città e di metropoli sottende tutto ciò?
Una legge che permetterà a centinaia di capannoni industriali di essere oggetto di abbattimento e ricostruzione per fini prevalentemente residenziali - in una città che ha perso negli ultimi 20 anni più di 300.000 abitanti - col recupero totale della volumetria. Ne deriva il conseguente aumento della superficie coperta e quindi, ovviamente, di consumo di suolo.
Una legge che, tra l’altro, ha rimandato molte delle principali decisioni di contenuto e operative a un successivo Regolamento d'attuazione e che, quindi ha riservato alle riunioni di Giunta questioni primarie sottraendole al dibattito in Consiglio e, quel che è più grave, alla partecipazione formale e sostanziale dei cittadini.
E' da settembre che proponiamo all’assessore, al presidente della IV Commissione consiliare, pacatamente, positivamente, l’insediamento di un Tavolo di Lavoro con la partecipazione di esperti e di soggetti collettivi interessati, per discuterne. Per chiudere il testo insieme, presto e bene. Si poteva fare anche in un solo mese.
Perché, sia ben chiaro a tutti, noi non siamo quelli del NO ideologico. Sull’esigenza di aggiornare urgentemente la L.R. 16, scritta nel lontanissimo 2004, e sulle premesse contenute nel DdL, eravamo tutti d’accordo.”
A questo quadro, confuso e inadeguato, si contrappongono adesso due interessanti e innovative iniziative di protesta, ancora una volta costruttiva, del mondo sindacale e associativo:
a) Una profonda riscrittura, alternativa, dal basso, di modifica della 16/04 per contrastare davvero il consumo di suolo, curata dai massimi esperti delle trenta associazioni che hanno deciso due mesi fa, provocatoriamente , di autoconvocarsi e di insediare, comunque, autonomamente il Tavolo sulla legge negato, per produrre autonomamente e in tempi brevissimi, un testo alternativo.
Per dimostrare concretamente di essere quelli dei sì e dei presto, in contrasto alle false accuse di inconsistenza e astrattezza.
“Per una nuova e moderna legge di governo del territorio” questo il titolo del testo ombra, che si dichiara palesemente e organicamente alternativo al maxi-emendamento. Un testo normativo elaborato puntando a rappresentare "una chiara e concreta proposta organica alternativa”, che sarà presentata pubblicamente a breve dopo un’ampia consultazione con Istituzioni e cittadini.
Insomma un atto tecnico-scientifico ma anche squisitamente Politico che viene offerto a tutta la Comunità campana.
Questa Proposta di Legge popolare, è stata elaborata e promossa negli scorsi mesi dal neonato Movimento Rigenera Campania - e vede la partecipazione di molti firmatari dell’altro documento - il quale, con l’aggregazione di altre piccole e grandi associazioni come Libera, ANPI o Slow Food, richiamando un articolo dello Statuto regionale ha mobilitato ormai decine di migliaia di cittadini su tutto il territorio regionale, in una prima fase per la scrittura e ora per la raccolta delle firme di adesione formale richiesta dallo Statuto.
La Proposta di legge di Rigenera Campania, ad oggi, ha già raccolto, in poco più di un mese e mezzo, quasi 9000 delle 10.000 firme certificate necessarie. Ma ha anche già raccolto il voto favorevole di ben 14 consigli comunali (altri si stanno via via aggiungendo), tra cui quello di Avellino, città capoluogo. Tutti fattori che, ai sensi dello Statuto regionale, renderanno obbligatoria la discussione delle due proposte popolari complementari tra loro e alternative al DdL De Luca, in Consiglio Regionale.
al di là del brutto voto del Consiglio regionale dell’altro giorno, è in atto in Campania, fuori dalle stanze di governo, un grande processo democratico.
In fondo, si sta solo chiedendo da mesi alla Istituzione regionale un Tavolo di lavoro per partecipare, per risolvere insieme, Istituzioni e cittadini, problemi cruciali per i nostri territori e per il nostro futuro.
Per creare le regole giuste per Ri-generare le città e i territori, per predisporli a contrastare le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici.
La domanda che sorge spontanea è: perché ciò sia stato fino all’ultimo negato.
Loro vogliono provare a FARE qualcosa di concreto per bloccare, in tutti i modi, le conseguenze, ormai già visibili, dei cambiamenti climatici.
E, proprio per questo, non se ne fanno nulla, ma proprio nulla, di questa legge di De Luca.