27.11.22

Ischia, ancora un disastro: ma la colpa non è della natura


Ancora un disastro. Ancora un pezzo di montagna che frana sotto il peso di piogge più lunghe e intense del normale e si trasforma in una gigantesca colata di fango che travolge tutto, strade, terreni, persone, automobili, case. Case che, nella maggior parte dei casi, là non ci dovevano stare. Spesso costruite abusivamente (ma non sempre) e poi magari condonate, nel più totale disprezzo delle regole e delle leggi della natura, in posti dove non si può e non si deve costruire. Sopra le colline rese fragili dal taglio selvaggio degli alberi. Sotto le montagne che vengono giù a pezzi perché non ci sono più le radici di quegli alberi a trattenere la terra. Sugli argini dei fiumi che straripano quando il livello dell’acqua sale troppo o addirittura sul letto dei torrenti che vengono intombati. Sulle vie di deflusso delle acque piovane, che di fronte alla arroganza dell’homo sapiens si trovano poi altre vie per scorrere ed arrivare al mare, trascinando con sé ogni cosa.

E’ successo a Casamicciola, Comune ischitano già colpito in passato da altre tragedie simili, da cui gli uomini non imparano nulla, anzi sembra che reagiscano, dopo il piagnisteo dei giorni immediatamente successivi al fatto, con un impulso ancora più forte alla depredazione e alla devastazione del territorio. L’antica Pithecusa che domina il mare davanti al golfo di Napoli è un caso emblematico. Sessantamila abitanti divisi in sei Comuni (altra follia che rende complicato ogni tentativo di gestione e pianificazione del territorio) che nei mesi della stagione estiva arrivano a tre o quattrocentomila, sono così tanti che è impossibile contarli. E si pensa solo a costruire, costruire e fare soldi, sempre più soldi, per lucrare al massimo su queste ondate umane che si riversano da giugno a settembre. Cemento, cemento e ancora cemento, che sta trasformando l’Isola Verde nell’ennesima macchia grigia che appare nelle immagini satellitari. Su sessantamila abitanti ci sono attualmente 27mila domande di condono edilizio - numeri incredibili che sembrano quelli di una barzelletta e invece sono un annuncio di tragedia che farà piangere lacrime amare - senza calcolare tutte le costruzioni già sanate, si fa per dire, nei decenni passati. L’altra faccia di questa avidità senza limiti la vediamo poi nei bollettini di guerra che contano morti, feriti, dispersi, crolli e distruzioni, resi più frequenti dagli eventi meteorologici estremi causati dal clima impazzito, che brucia mesi interi per la siccità e poi scaraventa al suolo in un giorno la stessa quantità di pioggia che prima cadeva in tre mesi.

Gli allarmi e le denunce degli ambientalisti, a cui si uniscono quelle di scienziati, urbanisti, geologi, vengono sempre ignorate dai politici nazionali, regionali e locali, che consentono tutto ciò con leggi sciagurate o semplicemente chiudendo tutti e due gli occhi per avere il facile e immediato consenso degli elettori. Quegli stessi politici che li accusano di fare “gli uccelli del malaugurio” o di “frenare lo sviluppo” e che poi, di fronte alle morti e alle distruzioni, se la prendono con la natura matrigna e fanno a gara a pronunciare stucchevoli frasi di “vicinanza” e di solidarietà alle popolazioni colpite. D’altra parte non sembra esserci ancora alcuna presa di coscienza del problema nei decisori politici, che anzi sembrano viaggiare in direzione opposta. Una legge nazionale che freni il consumo di suolo per fermare la catastrofe attende da anni di essere discussa in Parlamento e a luglio la Giunta regionale campana ha presentato una proposta di legge regionale, poi approvata ad agosto ma successivamente bocciata dal Ministero della Cultura, che in sostanza prevedeva l’estensione all’infinito delle misure del Piano Casa e che consentiva ai proprietari degli immobili di cambiarne la destinazione d’uso e di accrescerne la volumetria fino al 35 per cento in caso di demolizione e ricostruzione.

E mentre i sindaci, sotto la pressione delle popolazioni, chiedono per l’ennesima volta lo stato di calamità naturale e i relativi risarcimenti, c’è chi si pone in una posizione critica e punta il dito contro le gravi responsabilità all’origine di questi disastri. Durissimo il commento di Maurizio Fraissinet, naturalista, ornitologo, e docente: “Le vittime della tragedia di Ischia, al pari di quelle delle precedenti tragedie, sono sulla coscienza di chi non ha (volutamente?) sorvegliato il territorio bloccando i cantieri abusivi, non ha (volutamente?) demolito le case abusive, ha fatto e fa campagna elettorale contro gli abbattimenti delle case abusive. Tutte persone accomunate dall'essere dei criminali e dall'aver commesso il reato di omicidio colposo, o concorso in omicidio”. Più circostanziate le considerazioni di Enzo Russo, architetto ed urbanista di lunga esperienza di lavoro con pubbliche amministrazioni: “I responsabili di queste tragedie hanno nomi e cognomi, generalizzare non aiuta a dare giustizia a chi ha subito le drammatiche conseguenze dell’inerzia, in mala fede, di molti amministratori politici. Nel 2008 la giunta provinciale Di Palma adottò il Piano Territoriale di Coordinamento, nel quale venivano date precise prescrizioni per la redazione di piani regolatori attenti alla sicurezza idrogeologica, alla vivibilità urbana, ad uno sviluppo coerente con le caratteristiche dell’ambiente; piano lasciato nel cassetto dalle successive giunte, con l’urbanizzazione insensibile al territorio, lecita e abusiva, che è proseguita senza ritegno. E’ urgente che si riprenda e si applichi in pieno la politica della pianificazione, alla quale dare seguito, con tempi brevi, alla programmazione e alla progettazione degli interventi. Ma queste cose sono state dette più volte e, purtroppo, ancora una volta piangiamo vittime innocenti”

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