21.8.24

La Venere degli Stracci a Napoli: arte o ostacolo alla creatività?

L’arte contemporanea è spesso uno specchio del nostro tempo, riflettendo le tensioni, le contraddizioni e i paradossi della società in cui viviamo. Un esempio emblematico di questo fenomeno è rappresentato recentemente dalla "Venere degli Stracci" di Michelangelo Pistoletto, un’opera che ha generato a Napoli un forte dibattito politico, culturale e sociale.

L'installazione originale, risalente al 1967, è una provocazione: una scultura che rappresenta la bellezza classica, incarnata dalla Venere, affiancata da una montagna di stracci, simbolo del consumismo e della società dell'usa e getta. Questa commistione tra il sublime e il quotidiano, tra il perenne e l’effimero, ha dato vita a un’opera potente, in grado di dialogare con il presente.


Tuttavia, la versione installata a Napoli il 28 giugno 2023 in Piazza Municipio, poi distrutta da un incendio il 12 luglio dello stesso anno, non è l'originale, bensì un duplicato. Anzi, più che un semplice duplicato di una dimensione gigantesca adatta alla piazza, è una sorta di simulacro della versione originale, un’opera scenografica, priva della densità materica e concettuale del modello del 1967. Il disallestimento e lo spostamento stanno nuovamente alimentando polemiche, in particolare in merito alla decisione di collocare l’opera nella Chiesa di San Severo al Pendino.

Non si intende qui entrare nel merito della qualità o dell'importanza dell’opera di Pistoletto: queste riflessioni si lasciano a storici e critici d'arte. La questione riguarda piuttosto la scelta del luogo di nuova installazione e la potenziale sovrapposizione tra un’opera d’arte e uno spazio che, fino ad ora, ha rappresentato una possibilità di espressione per le realtà culturali locali

Certo, spesso si assisteva a esposizioni di assai discutibile qualità, ed è per questo che ci saremmo aspettati non un singolo delegato per l'arte a Napoli, ma un’équipe, una commissione di esperti d'arte e rappresentanti di associazioni, magari presieduta da un assessore alla cultura, un lavoro partecipato per valorizzare la creatività napoletana e offrirle lo spazio dovuto.

La domanda che emerge, dunque, è se valga davvero la pena sacrificare uno spazio così importante per la creatività locale per ospitare la riproposizione di un'opera progettata per una grande Piazza che, seppur simbolica, non ha quel legame intimo e profondo con il tessuto culturale della città. Inoltre se la riproposizione dell'opera fuori scala poteva trovare giustificazione nel suo rapporto con la ormai desolata grandezza di piazza Municipio, mi chiedo come può trovare senso in uno spazio architettonico ottocentesco ben definito?

Napoli è una città dalle mille voci, dalle mille anime, e la sua ricchezza culturale risiede proprio nella capacità di dare spazio a tutte queste espressioni. Riempire la Chiesa di San Severo al Pendino con un’opera tanto iconica quanto ingombrante potrebbe soffocare quell'energia creativa che ha fatto di questo spazio un punto di riferimento per tanti artisti e associazioni.

In un contesto come quello napoletano, dove la cultura autoprodotta è spesso l'unica via di espressione per molti, il rischio è che la Venere degli Stracci diventi non solo una semplice installazione, ma un simbolo di un certo tipo di imposizione culturale, dove la monumentalità e la risonanza di un’opera internazionale rischiano di mettere in ombra la vitalità culturale locale.

Per concludere, ricordo che le tante altre installazioni di successo a Napoli, dalla Montagna di Sale in poi, sono state a "tempo determinato". Diciamolo: per i napoletani, anche per la Venere il tempo è scaduto.


Carmine Maturo
Sustainability cultural manager